LA NASCITA DEL GRUPPO - GLI UOMINI, LE VICENDE - ANNO 1926 L'archivio della Sezione Alpini di Brescia non documenta la data di nascita del Gruppo Alpini di Mazzano. Testimonianze tramandate dai "veci", nonché le scadenze dei vari anniversari (50° e 60° di Fondazione), indicano con certezza che il Gruppo è nato nel 1926 e che il primo Capogruppo fu Antonio Facchi. Il sergente alpino Antonio Facchi risulta dall'archivio della Sezione di Brescia, iscritto alla Associazione Alpini fin dal 1927, il primo fra i Mazzanesi. Ma il senso vero della storia non è evidenziato da fredde date; la storia sottende gli uomini, le vicende del vivere quotidiano, l'ambiente, la comunità. Mazzano, allora (1926), contava meno di 800 abitanti; la vita era grama e faticosa, povertà e duro lavoro nei campi e soprattutto nelle cave. Il paese era tutto raccolto fra il pedemonte e il Rodone; parroco era l'indimenticabile Don Alessandro Zini. Tre osterie, una panetteria, una salumeria; la scuola elementare (fino alla terza classe) ospitata nell'edificio dell'Asilo vecchio, la scuola materna nell'edificio ora sede dell'ufficio Postale. Famiglie numerose, tanta povertà, tanta polenta e poco companatico. Avevamo vinto la prima guerra mondiale; ma ancora i dolori, i lutti, le distruzioni di quella immane tragedia (l'Italia aveva avuto 650.000 morti), gravavano come macigni sulla vita di tante famiglie. In questo contesto un pugno di uomini, i reduci alpini, decidono di aggregarsi in gruppo. Gli Alpini di Mazzano - La Prima Guerra Mondiale (1915-1918) Il Corpo Alpini, voluto dal generale Giuseppe Perucchetti e costituito per difendere il territorio italiano lungo tutto l'arco alpino, datava allora (nel 1926) 54 anni, essendo stato costituito nel 1872. Gli Alpini furono impegnati dagli inizi nelle campagne d'Africa (1887-1896) e poi nella campagna di Libia (1911-1914). E lì, in Libia, fu in armi il nostro alpino Fausto Savoldi (un gigante buono e lavoratore indefesso), che dopo la Libia venne immediatamente mandato al fronte in Italia, sommando ben otto anni di guerra senza mai ritornare a casa! Non possiamo dimenticare che allora, in Libia, dalla capitale Tripoli, esercitava il ministero episcopale il nostro concittadino, il Vescovo Mons. Lodovico Antomelli, il quale, fra l'altro, durante la grande guerra, si fece promotore nel suo povero Vicariato di raccogliere somme di denaro per inviare aiuti ai nostri soldati in armi sul fronte italiano. Ma la tragedia per i nostri soldati si scatenò durante la grande guerra 1915- 1918. Gli Alpini furono mobilitati per circa 450.000 uomini. A guerra ultimata le penne mozze erano 38.500; i feriti 70.000; i dispersi 41.000. Era il tragico conto presentato dalla grande guerra. Ciascuno di noi ricorda i luoghi di quei tragici avvenimenti: il Cadore, il Trentino, l'Ortigara, la Bainsizza, l'Isonzo, il Piave, il Monte Grappa e Vittorio Veneto. E finalmente arrivò il 4 novembre 1918 e fu armistizio. I reduci, i caduti alpini (1915-1918) Comandati in armi lungo l'ampio spettro delle operazioni belliche, che si estendeva da Gorizia al Tonale, toccando le Alpi Giulie, Carniiche e Retiche, c'erano anche i nostri Alpini. E' bene che li ricordiamo qui, per debito di riconoscenza: I Caduti di Mazzano nella guerra 1915-1918 sono stati complessivamente ben 17 di cui 11 alpini: Pierino Bodei, Pietro Bodei, Angelo Busi, Francesco Cominotti, Giovanni Facchi, Fausto Lancellotti, Edoardo Tagliani, Angelo Zanetti, Angelo Zecchi, Vincenzo Zizioli. Reduci: Francesco Busi, Felice Caprizotti, Antonio Cisco, Antonio Facchi, Giulio Fantoni, Pietro Fantoni, Mario Filippini, Angelo Lodrini, Benedetto migliorati, Giovanni Papa, Pietro Pelizzari, Fausto Savoldi, Luigi Sberna, Andrea Tagliani, Enrico Tagliani, Vincenzo Zamboni, Angelo Zanella, Giovanni Zecchi. Un diario di Guerra dalla Valle di Ledro (1916-1917) Quali le angosce, quali le fatiche, quali i sacrifici di questi uomini? In occasione della stesura di queste note ho avuto la fortuna di leggere il diario (49 paginette di block notes) del sergente Alpino Antonio Facchi, classe 1892, gentilmente concessomi dalla figlia Sig.ra Amalia, che lo conserva come un caro ricordo. Il sergente Facchi si trova ad operare dall'ottobre 1916 all'ottobre 1917 (insieme ai compaesani Fausto Savoldi, Benedetto Migliorati e Edoardo Tagliani) all'imbocco orientale della Valle di Ledro, fra Biacesa di Ledro e Pregasina. E' già al suo secondo anno di guerra e stende il suo diario durante le pause di riposo, con una calligrafia limpida e un discorrere piano e lineare. Degna di un navigato corrispondente di guerra è la descrizione del bombardamento del Pasubio (durato ben 11 giorni), che lui osserva da quota 1100. Ma, più di un asettico corrispondente di guerra, egli partecipa con intima sofferenza alla tragedia di quelle giovani vite stroncate e straziate, angosciato dall'immane distruzione causata dal rabbioso bombardamento. Piange poi il cuore a leggere le pagine che scrive a sera osservando il lago di Garda: "Contemplando il lago quieto... il mio pensiero andava ai miei cari, a mia moglie, alla mia adorata bambina ... al mio caro fratello ... [Giovanni, caduto sull'Altopiano di Asiago] ... Basta stragi! Basta Guerra!". Il sergente Antonio Facchi aveva il dono di saper esprimere per iscritto ciò che il cuore gli dettava. Ma non v'è dubbio che questi sono stati i sentimenti di tutti i nostri Alpini. La nascita del Gruppo Alpini di Mazzano (1926) Sta qui la ragione del loro raggrupparsi per non dimenticare, per farsi coraggio insieme, per aiutarsi a vicenda al fine di affrontare le fatiche del vivere quotidiano. E divennero i fondatori del Gruppo Alpini di Mazzano. L'Associazione Nazionale Alpini era nata nel 1919, la Sezione di Brescia nel 1920, il Gruppo di Mazzano nel 1926. Il primo capogruppo non poteva che essere il Sergente Alpino Antonio Facchi, coadiuvato dall'Alpino Angelo Zanella che si era ritagliato nella sua casa un angolino riservato dove conservava gelosamente accanto al suo cappello alpino, il primo gagliardetto del Gruppo. Ma una mano, in questa impresa, gliela diede loro anche il parroco Zini. Lui, il parroco "focoso e intraprendente", che in una lettera di autodifesa inviata al Prefetto di Brescia, già nel settembre 1924 aveva elencato fra i suoi meriti: "Di essere unico in paese a possedere il Bel Tricolore, che espone nelle feste nazionali; di aver collaborato alla posa ed all'inaugurazione del Parco della Rimembranza (avanti al Cimitero), e di aver promosso l'erezione del monumento ai Caduti (anno 1919), uno dei primi dell'intera Provincia". Certo l'anno 1926 fu prodigo per Mazzano sul piano associativo; quell'anno segna, con il Gruppo degli Alpini anche la nascita del Corpo Bandistico; tutto questo mentre gli organi istituzionali, Giunta, Consiglio e Sindaco venivano soppressi per lasciare il posto al Podestà. Il gruppo si riuniva presso l'osteria-trattoria di Antonio Facchi; lì in una apposita stanza, ad indicare il luogo consacrato all'identità alpina, c'era un cippo quadrangolare di circa 50 cm, collocato su una colonna di marmo di circa un metro. Il cippo era stato scolpito dal provetto scalpellino-lapicida Alpino Luigi Sberna e portava (porta, perché c'è ancora) sulle quattro facciate frasi inneggianti agli Alpini ed all'Italia unita e inoltre reca la testimonianza della dotazione del primo gagliardetto che "sventolò il 27.4.1930". Vari Reduci alpini si impegnarono per anni sul piano amministrativo quali Consiglieri Comunali: è il caso di Antonio Facchi (Consigliere per varie tornate) e di Pietro Pelizzari. Cavalieri di Vittorio Veneto (1968) E nel 1968, a cinquantanni dalla Vittoria di Vittorio Veneto, che aveva segnato la fine della grande guerra, ci si ricordò anche dei Reduci superstiti e si dispose di conferire loro la Croce di Cavaliere di Vittorio Veneto, Erano uomini, con tutti i loro immancabili difetti, ma uomini veri! I loro nomi: Cav. Felice Caprizzotti Cav. Giulio Fantoni Cav. Angelo Lodrini Cav. Giovanni Papa Cav. Pietro Pelizzari Cav. Giovanni Zecchi LA SECONDA GUERRA MONDIALE (1939-1945) IL CORPO D'ARMATA ALPINO IN RUSSIA - L'8 SETTEMBRE 1943 E scoppiò, foriera di lutti e di rovine, la seconda guerra mondiale. A datare dal settembre 1939, cadono sotto l'avanzare delle forze armate di Hitler la Polonia, la Danimarca e la Norvegia. Nel maggio 1940 Parigi è occupata e sono invasi il Belgio, l'Olanda, il Lussemburgo. Il 10 giugno 1940 l'Italia entra in guerra a fianco della Germania e il Governo decide di conquistare la Grecia e l'Albania. La guerra divampa in Africa, siamo in guerra anche contro gli Stati Uniti e la Francia. E qui sui confini della Francia, sul fronte delle Alpi occidentali, furono in armi due nostri Alpini: Battista Bertoloni e Luigi Rumi (Mario de la OM), che ritorneranno a casa nel settembre 1943. Il 22 giugno 1941 scatta l'operazione "Barbarossa" contro la Russia. Lle truppe tedesche a novembre sono alle porte di Mosca, il "generale inverno" blocca l'avanzata. Il Corpo d'armata Alpino in Russia (1942-1943) Nel settembre 1942 il Governo ordina la costituzione dell'ARM.l.R. (Armate Italiane in Russia) a rinforzo delle truppe italiane già inviate nel 1941; si combatte a fianco dei tedeschi, contro i Russi. Dell'ARM.I.R. fa parte il Corpo d'Armata Alpino: 57.000 uomini ordinati nelle Divisioni Tridentina, Julia, Cuneense e in seguito nel Vicenza; parecchi soldati hanno già combattuto in Grecia e Albania. Destinazione del Corpo d'Armata Alpino: oltre l'Ucraina, esattamente la riva destra dell'alto Don: 70 km di fronte. Gli alpini si schierano sul "placido" Don dal settembre 1942. E venne il gelido inverno 1942-43, con 30-40 gradi sotto zero! Persino gli scarponi chiodati causano il congelamento, con l'acqua che si infiltra dai fori dei chiodi, trasformando il fondo della calzatura in una suola di ghiaccio. La controffensiva russa non si fa attendere (Stalingrado sta per cadere), si scatena dal novembre 1942 contro le unità italo-tedesche schierate sul basso Don e si concentra dal dicembre contro il Corpo d'Armata Alpino schierato sull'alto Don. L'Armata Alpina viene chiusa in una morsa mortale e deve ripiegare cercando di sfondare l'accerchiamento. Ormai non rimane che la Divisione Tridentina al comando del generale Reverberi ed una marea di 40.000 sbandati. E fu la battaglia di Nikolayewka (26 gennaio 1943), una delle più lunghe e sanguinose del ripiegamento che dischiuse ai superstiti la via della salvezza verso la patria lontana. Cosi sintetizzò quella tragedia lo scrittore Alpino Mario Rigoni Stern (da "Il sergente nella neve"): "Una notte ci dissero di abbandonare le trincee. Iniziavamo a fare 5.000 km di ritirata: 40°C di freddo, tormenta, steppe. Svanimmo in una bufera di neve". E la gelida e spaventosa bufera di neve, inghiotti anche i nostri alpini: Cesare Bonometti Vencenzo Bonometti (Alberti) Bortolo Laffranchi (Giuseppe) Giuseppe Orlandi Edoardo Scarpellini Luigi Tosoni Ottorino Caprizzotti Il 24 marzo 1943 i resti dell'Armata Alpina erano rientrati in patria: alla partenza erano 57.000 uomini, ne mancavano circa 30.000; una metà caduti nella steppa, l'altra metà prigionieri o dispersi. Raggiunsero a piedi Gomel (Bielorussia); vennero poi trasportati con le tradotte in Italia, alcuni dal Brennero altri dal Tarvisio. La Tridentina passò il periodo contumaciale in Alto Adige, i resti della Julia nella zona di Udine. Ricostituite le forze fisiche e psichiche e dopo essersi "spidocchiati", ritornarono a casa per una breve licenza, rientrando poi ai singoli reparti. L'8 settembre 1943 - In balia degli eventi L'8 settembre 1943 l'Italia firma l'armistizio con gli Anglo-america ni e si trova contestualmente in guerra con l'alleato di ieri: i tedeschi. Il re fugge, i generali si dileguano; 2.500.000 uomini in armi (in Italia e fuori) si sciolgono come neve al sole. Che cosa era successo, nel frattempo ai nostri Reduci dalla Russia? Ugo Bodei (Div. Tridentina): Giunge in Italia dal Brennero e compie il periodo contumaciale a Bressanone. L'8 settembre 1943 riesce ad eludere la ferrea sorveglianza dei tedeschi e fugge. A piedi, percorrendo sentieri di montagna, giunge a Mazzano. Oreste Caprizzotti (Div. Julia): Giunge in Italia dal Tarvisio e compie il periodo contumaciale in Carnia, entra in Slovenia e viene fatto prigioniero dalle Partigiane titine. L'8 settembre 1943 riesce a fuggire e giunge a Mazzano a piedi. Si occupa in lavori saltuari e nel 1944 sale alla Pertica Bassa (Forno d'Ono) dove si unisce ai Partigiani, partecipando ad una azione al sanatorio di Valledrane. Pietro Lonati (Div. Tridentina): L'8 settembre viene fatto prigioniero dai tedeschi in Alta Italia. Coglie l'occasione di una commissione affidatagli per scappare. Si nasconde in campagna a Mazzano (Prati Magri) fino alla Liberazione. Paolo Migliorati (Div. Tridentina): L'8 settembre si trova a Mazzano in convalescenza e vi resta. Tutti gli altri Reduci della Tridentina: Paolo Boioni, Angelo Crotti, Firmo Fusi, Giovanni Lonati (Gioaca), Giacomo Tosoni, Guerrino Zamboni e Alfredo Zamboni, l'8 settembre sono fatti prigionieri dai Tedeschi e trasferiti nei campi di internamento in Germania centrale o in Polonia settentrionale. Ritorneranno a casa dopo due anni di indicibili sofferenze. E nei campi di internamento si aggirava un prete disordinato nel vestire, dinoccolato nel camminare, ma dolce ed eroico nell'animo: Padre Ottorino Marcolini (classe 1897). Avrebbe potuto ritornarsene a Brescia dopo la Campagna di Russia, dove era stato capellano dell'aviazione. Scelse di stare con i suoi Alpini, di cui a Gomel aveva assistito allo straziante viaggio di ritorno. Entrò con loro nei campi di concentramento rinunciando a qualsiasi privilegio derivantegli dal suo grado, in tutto uguale agli altri. Ritornò per ultimo dalla Germania, dopo aver dato religiosa sepoltura ai suoi compagni di prigionia. Fu amico carissimo di Giovanni Lonati (Gioaca) e spontanee erano le punzecchiature reciproche: "Ta sét semper òn sènghen!" gli diceva il Lonati. "Tàs, grapù d'òn àsen!" replicava Marcolini. Padre Marcolini, soprannominato "Il muratore di Dio", per avere ideato e promosso la costruzione dei vari villaggi che portano il suo nome, fu presente sovente alle varie manifestazioni organizzate dal gruppo Alpini di Mazzano, accolto sempre con simpatia e stima. L'odissea vissuta dai Reduci mazzanesi rispecchia fedelmente le vicende di tutti i soldati italiani che si trovano sotto le armi, l'8 settembre 1943. Chi ritornò faticosamente a casa, chi confluì nella Resistenza, chi si nascose, chi restò prigioniero nei campi di concentramento. Le vicende degli Alpini mazzanesi, si possono proiettare con altrettanta obiettività, sul piano nazionale. Lo scrittore russo Leone Tolstoj suggeriva: "Scrivi del tuo villaggio e conoscerai l'universo". Aveva ragione! Gli Alpini della Provincia di Brescia negli anni ottanta, a ricordo dei loro caduti in Russia, costruirono a Brescia un edificio per gli spastici ed i miodistrofici che intitolarono a Nikolajewka e negli anni novanta edificarono a Rossosch in Ucraina (sede del Corpo d'Armata Alpino) una accogliente scuola materna per 100 bimbi. DOPO LA LIBERAZIONE (1945) - I TEMPI DELLA RINASCITA E venne finalmente il 25 aprile 1945 e fu la Liberazione. Il Comitato di Liberazione (C.N.L.) del Comune di Mazzano annovera fra i rappresentanti dei vari partiti politici l'Alpino Ugo Bodei, in qualità di rappresentante del Partito d'Azione, un movimento politico di centro, fondato, fra gli altri da Ferruccio Parri, Presidente del Consiglio nel 1945. Il Comitato deve affrontare il problema dell'approvvigionamento dei beni primari (pane, latte, ecc...), il fenomeno della borsa nera, il problema del lavoro, della riappacificazione, ecc... Il 31 marzo 1946 i cittadini vengono chiamati alle urne e, in seguito, iniziano ad essere operativi Consiglio, Giunta e Sindaco. La vita della Comunità riprendeva faticosamente e faticosa era anche la ripresa della vita delle varie organizzazioni, ivi compreso il gruppo Alpini. A datare dal 1948 diviene capogruppo di Mazzano l'Alpino Ugo Bodei e vi resterà per ben 33 anni, meritandosi nel 1976 la croce di Cavaliere della Repubblica per meriti acquisiti nel campo dell'Associazionismo alpino. Gli anni cinquanta-sessanta Il gruppo si riunisce al "Circolo' di Via Conti Emili e successivamente presso I'ENAL di Via Ghirardi; ad indicare il luogo del convenire stava il cippo marmoreo del "vecio" Sberna. Negli anni cinquanta si inaugura il secondo gagliardetto, madrina la Sig.ra Letizia Rumi. Avanzava impellente il problema di una sede, anche piccola, ma esclusiva: la sede degli Alpini. Un ambiente che fosse tutto per loro, dove si respirasse l'atmosfera della "Alpinità" cosi unica e dirompente, sacra e gioiosa, impegnativa e scanzonata, simpatica e coinvolgente. La "Casamatta" -gli anni settanta I "veci", sempre presenti non solo per ricordare ma per spronare (Bodei, Caprizzotti, Boioni, Lonati, ecc..), avevano assistito compiaciuti all'aggregarsi intorno a loro dei "bocia" che recavano nuove energie ed entusiasmo. Dai giovani, intorno alla metà degli anni settanta, venne l'idea (allora parve utopia) di programmare per il futuro immediato una bella e funzionale Casa degli Alpini. Dove? Come? C'erano le energie, mancavano i fondi. Che fare? Idea! "Troviamo due stanze, per la sede del Gruppo e che siano anche punto di ritrovo e di ristoro per la popolazione e per gli amici; l'utile sarà messo a disposizione della nuova futura casa". Questa volta i "veci" furono presi in contropiede e rimasero sbalorditi, increduli, scettici. L'idea era buona, ma improponibile. Imbarcarsi in un progetto simile era pazzesco, roba da matti. E "Casamatta" (cioè casa dei matti), fu denominata la nuova sede di due stanze di proprietà della signora Forti, sita in Via Monte Grappa. Il sabato e la domenica sera la "Casamatta" era aperta a tutti. Vi ardeva in continuazione un grande fuoco, si poteva bere un bicchiere di vino, gustare una scodella di trippa, i nervetti, pane e salame. Un ambiente sereno, semplice e genuino, rallegrato dalla costante presenza dei "veci" che osservavano compiaciuti l'affaccendarsi dei "bocia" .... Matti da legare! Una volta al mese c'era la riunione del Consiglio e tornava il tormentone: la nuova casa! Come strutturarla? La prima idea fu di edificarla in Via Calchera. E il progetto e le varie autorizzazioni e l'impresa? I volontari dureranno nell'entusiasmo fino a portare a termine l'iniziativa? Mah! Fu allora che al gruppo si aggregò un Alpino giovane, filiforme e simpatico; immigrato, dalla bergamasca, lavorava quale chimico all'Italcementi, Giovanni Carrara, fu un acquisto preziosissimo, funse da segretario del Consiglio fino all'ottobre 1991 cedendo poi il testimone all'Alpino Francesco Rumi, tutt'ora in carica. Nel 1994 Carrara se ne ritornò nella bergamasca. Rapporti con l'Amministrazione Comunale E gli Alpini dilagavano. Le elezioni amministrative dell'anno 1975 portavano due penne nere ai vertici dell'Amministrazione Comunale: il Sindaco Prof. Luigi Elisetti, il Vice Sindaco Dott. Gianangelo Rizzardi, i quali non potevano non avere una certa simpatia per i loro amici di Mazzano relegati in quella "Casamatta". In occasione del 50° del gruppo (22 dicembre 1976) fu intitolata una via del paese agli Alpini. Era solo l'inizio di felici rapporti che sarebbero divenuti intensi e proficui fra il Gruppo Alpini e l'Amministrazione Comunale. Nell'autunno del 1979, il Comune anche su suggerimento del Gruppo Alpini, aveva acquistato dalla Ditta Lombardi un'area da attrezzare a verde pubblico, sul monte, dietro il Cimitero. La trattativa, durata ben cinque anni e condotta dall'indimenticabile Cav. Angelo Rizzardi (un funzionario che seppe unire alla sua vasta competenza amministrativa, doti non comuni di disponibilità e simpatia), era finalmente giunta a buon fìne acquisendo al patrimonio comunale un'area di 150.000 mq. Si programma di stendere una convenzione con gli alpini per costruire la strada di accesso al parco. Il gruppo si impegna, in un secondo tempo, a costruire nel parco un "rifugio-ristoro" aperto a tutti. Don Franco Cantoni, parroco e assistente spirituale del gruppo, lancia l'idea di costruire nel parco anche una Cappella. Gli alpini aderiscono con entusiasmo. Il 25 febbraio 1979 gli Alpini iniziano i lavori. "Gli Alpini si rimboccano le maniche, trovano ruspe, pale meccaniche, compressori, e persino fanno uso di cariche di esplosivo, per addomesticare la loro ambita roccia. In questo modo incominciano a dare corpo al loro grande sogno: la costruzione della "loro casa" (da "Òcio a la péna" - luglio 1980). Si esamina il progetto della Cappella: un esagono regolare con il tetto a vela e il portico. La casa si ipotizza cosi articolata: una costruzione composta da sala da pranzo per 100 ospiti, una sala riunioni per 30 persone, bar, cucina, locale caldaia, scantinato, ampio porticato, servizi, appartamento del custode. Progettista e direttore dei lavori il Geom. Andrea Facchi che offre tutte le sue prestazioni professionali a titolo semplicemente gratuito. Il Vice Sindaco Gian Angelo Rizzardi é bersagliato di continuo, per pareri, consulenze ecc... e con lui il Sindaco Elisetti. E si sentono gratificati nel dare una mano ai loro Alpini. Lassù sul monte è tutto un cantiere in piena attività. Splendido il volontariato alpino! LA CHIESETTA E LA CASA DEGLI ALPINI - GLI ANNI OTTANTA Agli inizi degli anni ottanta e fino al 1984, Capogruppo è l'Alpino Sergio Rumi, detto "Mosé" (nome augurale); ma dietro a lui ci sta un organigramma di persone, degno di una azienda che marcia come un orologio svizzero. Ciascuno è inquadrato ed ha un compito preciso. Vice Capogruppo: Giovanni Schivardi; Segretario: Giovanni Carrara; Cassiere: Paolo Boioni. Ci sono gli addetti allo sport e alle manifestazioni, gli addetti ai lavori della nuova casa e della chiesetta, gli addetti agli acquisti e alle spese varie ecc... E sotto il "governo" di" Mosé" e di tutto il Consiglio compatto, la "truppa" si mosse dall'Egitto delle ristrettezze, alla terra promessa della abbondanza: la Chiesetta e la nuova Casa degli Alpini. Il primo giugno 1980 è festa grande: posa della prima pietra della Chiesetta e della Casa. Proseguono i lavori: getto delle solette; il tetto è pronto per le tegole (1981). Apertura della Casa il 20 aprile 1981: dopo la messa, spiedo per 150 alpini e familiari, nel pomeriggio uova, salame, vino e allegria per circa 200 persone. Nell'anno 1982 si costituisce la Cooperativa (84 soci), composta dagli Alpini iscritti al Gruppo che annovera fra i suoi scopi: la manutenzione della strada di accesso alla casa, la salvaguardia della montagna, il rimboschimento, la valorizzazione della flora e della fauna, la gestione del suolo e ... la ristorazione. Si celebra la prima festa dell'anziano (117 presenti), otto anziani vengono portati dalla Casa di Riposo. Il neo Vescovo di Araquai in Brasile, Mons. Enzo Rinaldini partecipa alla festa annuale. Vengono risolti i problemi relativi alle licenze di esercizio; si imposta la soluzione dei rapporti contrattuali col Comune per l'utilizzo dell'area (in diritto di superficie per 99 anni, rinnovabili) e l'intestazione della Casa. L'inaugurazione Il 26giugno 1983 (a 57 anni dalla fondazione del Gruppo) si inaugura la Chiesetta (una struttura pulita e linda che rimanda alle bianche chiesette delle Dolomiti e della Carnia), e la nuova Casa degli Alpini. Gli alpini invadono il paese, le vie sono pavesate a festa. Madrina del nuovo gagliardetto è la gentile sig.ra Maria Boioni Tonoli. Sul tardo pomeriggio, sequestrato dagli Alpini che lo trasportano su una camionetta, giunge lassù anche il Vescovo, neoeletto, di Brescia, Mons. Bruno Foresti: era passato a Mazzano in incognito e si era fermato all'Oratorio incuriosito da tutto quel pavesamento di bandiere: fu sequestrato. La vita del gruppo Il 30 ottobre 1984 viene nominato Capogruppo l'Alpino Renato Malossini che, da allora, esercita ininterrottamente tale incombenza. Dodici anni, sono un ampio spazio di tempo, in cui ha potuto dimostrare tutte le sue capacità organizzative, di dedizione e di mediazione. Lo conferma l'apprezzamento che riscuote dai suoi Alpini. Intanto il Cassiere Sig. Boioni (un amministratore attento e formidabile), gli fa un bel regalo: nel Consiglio del 9 dicembre 1984 annuncia: Sono finiti i debiti! Sembra una leggenda questa impresa della Casa e della Chiesetta degli Alpini, eppure è tutto vero! La gente di Mazzano ha seguito con tanta simpatia l'iniziativa e qualcuno ha fatto doni; le aziende hanno praticato prezzi di costo. Ma il merito va soprattutto al volontariato alpino, i nomi sono tanti e non li cito per non incorrere in deprecabili dimenticanze; i verbali delle Assemblee e del Consiglio li riportano con esatta precisione. Il gruppo, pur impegnato in un opera cosi gigantesca esplica contestualmente tutte le sue attività: festa del tesseramento, festa del gruppo, Adunate Nazionali, Adunate Sezionali. Il 26 giugno 1986 si celebra, con i fasti di sempre, il 60° del gruppo. E si erogano anche contributi: per l'edificio di Nikolajewka, per la colonia di lrma, per l'oratorio e la Parrocchia, per l'ambulanza, ecc... Si ricevono gruppi amici da tutta Italia; il gruppo di Faenza diviene particolarmente affezionato e reca in dono ceramiche artistiche di notevole pregio. Si ospitano i ragazzi della scuola di Nikola]ewka, gli anziani, i ragazzi del Grest, ecc L'ospitalità e la ristorazione creano problemi per il servizio; si creano turni cui partecipano con gli Alpini le rispettive mogli. A loro, le mogli, il gruppo esprime la più viva riconoscenza. Norcino provetto, l'Alpino Giovanni Bicelli... sempre al lavoro! Anche gli organi di gestione del Gruppo sono superattivi: riunioni dell'Assemblea, del Consiglio della Cooperativa, ecc... Viene creata una apposita Commissione per lo sport e vi si dedica con entusiasmo l'alpino Giovanni Schivardi: squadra di calcio, torneo Boioni (in ricordo del giovane Alpino Gian Battista Boioni), cronoscalate, gare di regolarità e di bocce, ecc... E questo mentre l'Alpino Peppino Pelizzari si occupa con vera passione e competenza dei problemi molteplici e complessi della Cooperativa. E' capitato (succede anche nelle migliori famiglie), che il Capogruppo, i Consiglieri, i 'veci", abbiano dovuto affrontare le inevitabili fasi di stanca del Gruppo; si sollecita, si esorta e si infonde coraggio. Il problema della sede Memorabile sarà il dibattito per la questione della "sede" del Gruppo. I "veci", soprattutto, sostengono che è necessario ricavare nell'ampio salone della Casa uno spazio chiuso destinato esclusivamente a 'sede" del Gruppo. Necessita separare gli spazi aperti al pubblico e creare uno spazio 'nobile" dove custodire il gagliardetto, lo storico cippo, e tutte le memorie degli Alpini; quella sarà la sede in cui il Gruppo si riunisce. E' un discorso che vola alto e attiene al problema della 'Alpinità". La tematica dibattuta rivela il vero animo dell'Alpino, sensibile e custode dei valori del Gruppo che non vanno banalizzati con i prosaici problemi della quotidianità. La soluzione, assai sofferta, porterà a non dividere gli spazi, ma sarà alzata una cortina divisoria "ideale" fra la zona della ristorazione e lo spazio deputato a sede. Qui sono custoditi i cimeli, qui si raccolgono i ricordi più cari e, dalle pareti, "i veci" guardano soddisfatti, immortalati nei ritratti, opera dell'Alpino Giuseppe Zanella (che per altro, della sala, ha affrescato le pareti di fondo), d'un realismo veramente sorprendente! DAGLI ANNI NOVANTA FINO AD OGGI Tutto scorre tranquillo. Ora i problemi sono quelli della gestione dell'esistente; e non sono di poco conto, attesa la continua lievitazione dei costi. Capogruppo: Renato Malossini; Vice Capigruppo Francesco Anzoni e Pierino Fantoni; Segretari: Francesco Rumi e Guerrino Stizioli. Mauro Scarpari, coadiuvato da Attilio Rumi è subentrato a Schivardi nel settore sport e vi si dedica con l'entusiasmo del suo predecessore. Ospiti nell'estate 1994 sono stati i bimbi russi in vacanza terapeutica presso le famiglie di Mazzano. Provenivano dal distretto di Thula il cui territorio confina a sud-ovest con l'ucraina. Nel gennaio 1995 si è pure avuto un incontro commovente con gli ospiti russi provenienti dalla zona di Nikolaiewka accompagnati da un Pope, gagliardo ed espansivo. Forse qualcuno di loro è il pronipote di qualche Bàbuska che ha offerto aiuto ai nostri Alpini nella disastrosa ritirata del 1943. "ltaliankij Khorosho!" (Italiani, brava gente!). Questa è la storia del Gruppo Alpini di Mazzano. Ora il Gruppo vive lassù sul monte, a tenere alti gli ideali che sono propri degli Alpini: la Patria, la famiglia, l'amicizia, il lavoro, l' onestà, la memoria di chi "è andato avanti", la solidarietà, la socializzazione, il volontariato e ... una robusta religiosità. L'augurio è che questi ideali siano sempre perseguiti dal Gruppo. E che non si spenga mai questo faro di idealità che si alza lassù sul monte, discreto e suasivo come il silente e religioso raccoglimento della loro Chiesetta. Santo Tagliani - 1996
La storia del Gruppo è tratta dal volume "Per non dimenticare", di Santo Taglianiedito in occasione del 70° di Fondazione del Gruppo nel 1996 |